Focus sulla terra dei fuochi

 

 

Con “terra dei fuochi” si determina una vasta area situata nell’Italia meridionale, sita in Campania, tra le province di Napoli e Caserta, in particolar modo nell’agro aversano, caratterizzata dalla presenza di rifiuti tossici e numerosi roghi di rifiuti. Una terminologia forte, utilizzata per la prima volta nel 2003 da  Legambiente nel Rapporto Ecomafie. Dal 1970 in poi nelle campagne della Campania si sono verificati sversamenti di rifiuti industriali, rifiuti tossici e nucleari. In particolare, nelle zone di Succivo, Aversa, Caivano, Acerra e Giugliano in Campania si sono verificati roghi di rifiuti industriali, responsabili di un alto tasso di tumori che hanno colpito soprattutto giovani donne, al seno e alla tiroide, e bambini.

 

Nel 2011, secondo un rapporto dell'ARPA della Campania, un'area di 3 milioni di metri quadri, compresa tra i Regi Lagni, Lo Uttaro, Masseria del Pozzo-Schiavi (nel Giuglianese) ed il quartiere di Pianura della città di Napoli, risulterebbe molto compromessa per l'elevata e massiccia presenza di rifiuti tossici. Nel 2015 nel comune di Calvi Risorta il corpo forestale dello stato ha scoperto un'area di sversamento dei rifiuti clandestina, ritenuta la più grande ?discarica sotterranea d'Europa di rifiuti tossici. Si ritiene sia opera della camorra, stesso sistema di sigillamento degli strati della discarica, similare a quello utilizzato dal clan dei casalesi. Come detto, la terra dei fuochi comprende un territorio di oltre 1000 km, nel quale sono situati 57 comuni, con circa 2 milioni e mezzo di abitanti: sono 33 i comuni situati nella provincia di Napoli, e 24 quelli appartenenti alla provincia di Caserta. È compresa quasi l'intera provincia napoletana, mentre del casertano è colpita soprattutto la parte meridionale e sud-occidentale. Essa si caratterizza per lo sversamento illegale di rifiuti, in buona parte tossici, da parte della camorra ed in particolar modo del clan dei Casalesi. In molti casi le montagne di rifiuti, riversati nelle campagne o accumulati ai margini delle strade cittadine, vengono incendiati dando luogo a roghi i cui fumi producono nell’atmosfera e nell’aria che respiriamo alcune sostanze tossiche, tra cui la diossina.

 

Proviamo a capire di cosa si tratta e quali sono gli effetti nocivi che provoca sull’organismo umano. Diossina è il nome comune di una sostanza tossica, la tetraclorodibenzo-p-diossina (Tcdd), formata da cloro, carbonio, idrogeno e ossigeno. Insolubile in acqua, è resistente alle alte temperature e si decompone grazie alle radiazioni ultraviolette in un processo che può durare centinaia di anni. L’incenerimento dei rifiuti che contengono cloro (alcuni tipi di plastica o la carta sbiancata chimicamente) emette diossina: per legge gli inceneritori devono usare speciali filtri. La soglia massima di tollerabilità è stata infatti fissata dall’Organizzazione mondiale della Sanità in un trilionesimo di grammo al giorno per kg di peso: 8 milionesimi di g per kg causano malformazioni ai reni e al palato nei feti. La diossina non si sprigiona solo dagli inceneritori e dai roghi di rifiuti, ma anche dalle industrie, dalle centrali termoelettriche, dalla combustione di legno e di materiale non biodegradabile, di carbone e di rifiuti speciali (quelli ospedalieri). I suoi effetti giungono all’uomo attraverso la respirazione, attraverso la via alimentare, cioè tramite vegetali, carni e derivati contaminati. La diossina si deposita e penetra nel suolo e quindi contamina le coltivazioni, a loro volta vengono contaminati gli animali da pascolo e quindi anche la carne e il latte da essi derivati. Negli ultimi anni le pecore sono diventate gli indicatori ambientali dell’inquinamento da diossine, infatti nelle aree più a rischio, morivano in agonia, un numero impressionante di ovini, con conseguente preoccupazione degli abitanti di queste zone. Ma quali sono i rischi concreti per la salute dell’uomo? Prima di tutto le diossine hanno un effetto cancerogeno potentissimo, soprattutto la 2378, ritenuta causa di linfomi e tumori ai tessuti molli, data la tendenza ad accumularsi nelle cellule adipose e, determina alterazioni epatiche, neurologiche e polmonari. Molto diffusi sono anche i rischi cutanei, causando le “cloracne”, ossia delle eruzioni cutanee, generate dall’alterazione delle cellule epidermiche, in cui si è accumulata diossina. La capacità di interferire con il funzionamento cellulare è stata evidenziata anche dall’alterazione sulle ghiandole endocrine, soprattutto tiroide, timo ed ipofisi, con un’azione pre-cancerogena, determinando uno squilibrio ormonale. Uno degli effetti più preoccupanti delle diossine è la capacità  di indurre malformazioni genetiche fetali, di causare disturbi della crescita e dello sviluppo psicomotorio e di determinare sterilità e scarso sviluppo dell’apparato riproduttivo. Infatti nel monitoraggio effettuato negli ultimi anni, è stato preso in esame un campione tra i 16 ed i 64 anni, per stimare gli effetti manifesti delle diossine, nelle aree più a rischio, al fine di trovare una soluzione definitiva, che salvaguardi la salute ed il futuro della popolazione.

 

Nel 26 marzo 2008 furono riscontrate presenze di diossina nel latte di bufala provenienti da allevamenti del casertano, attribuite all'inquinamento ambientale. A seguito di questi riscontri, che comunque riguardavano in maniera limitata gli allevamenti impiegati per produrre la mozzarella di bufala campana DOP, alcuni paesi, tra cui Corea del Sud e Giappone, bloccarono temporaneamente l'importazione della mozzarella campana. A seguito della notizia, la vendita di prodotti caseari della Campania è diminuita significativamente, non solo in Italia, ma anche all'estero. Recenti test della mozzarella di bufala svolti in Germania, comunque, non hanno rilevato alcuna traccia di diossina né di metalli pesanti. A tutto ciò si aggiunge anche un vero e proprio traffico di rifiuti, tra le cui attività rientrerebbe anche lo scarico ed eliminazione di materiali quali copertoni e scarti di abbigliamento, che provengono soprattutto dal Nord Italia, o il recupero del rame dai cavi elettrici. Divennero veramente frequentissimi i roghi di rifiuti durante il periodo 2007/2008, appiccati dalla popolazione stanca ed esausta di vivere tra i cumuli di immondizia, durante il periodo forte di crisi dei rifiuti in Campania. I carabinieri accertarono che solo tra il gennaio e il marzo del 2007 furono bruciati 30 000 kg di rifiuti in terreni agricoli, con un ricavo di oltre 118 000 euro. Le dichiarazioni del pentito di camorra, Carmine Schiavone, hanno evidenziato come la Campania fosse destinata a diventare una discarica a cielo aperto, soprattutto di materiali tossici tra cui piombo, scorie nucleari e materiale acido, che hanno inquinato le falde acquifere campane e le coste di mare dal basso Lazio fino ad arrivare a Castelvolturno.  Numeri spaventosi, mastodontici, davvero preoccupanti. Si è intrapresa una strada per la risoluzione del problema, o quantomeno per il tamponamento dei danni arrecati alla popolazione ed alle coltivazioni. Della serie “salviamo davvero il salvabile”.